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Libertà di circolazione e obblighi

Forse non tutti sanno che il nostro ordinamento prevede la possibilità di limitare il diritto di espatrio per i genitori separati che non siano in regola con il pagamento degli assegni di mantenimento disposti dal Giudice nell’interesse dei figli minori.
L’articolo 3 della legge del 21 novembre 1967 (n. 1185), come modificata dalla n. 3 del 2003, prevede infatti che non possono ottenere il passaporto:
1. coloro che, essendo a norma di legge sottoposti alla responsabilità genitoriale, o alla potestà tutoria, siano privi dell’assenso della persona che la esercita (...) e, nel caso di affidamento a persona diversa, dell’assenso anche di questa, o, in difetto, dell’autorizzazione del giudice tutelare.
2. i genitori che, avendo prole minore, non ottengano l’autorizzazione del giudice tutelare; l’autorizzazione non è necessaria quando il richiedente abbia l’assenso dell’altro genitore, o quando sia il titolare esclusivo della responsabilità genitoriale sul figlio (...).
Il successivo art. 12 prevede altresì che “Il passaporto è ritirato quando il titolare si trovi all’estero e (...) non sia in grado di offrire la prova dell’adempimento degli obblighi alimentari che derivano da pronuncia della autorità giudiziaria o che riguardino i discendenti di età minore (...)”.
L’art 570 del codice penale infine prevede quale reato la violazione degli obblighi di assistenza familiare.
Nella prassi sono due le eccezioni in cui è ammesso il rilascio del passaporto: quando l’interessato ha dimostrato la necessità di curarsi all’estero e quando deve recarsi all’estero per ragioni di lavoro.
Un cittadino italiano separato che si era reso inottemperante agli obblighi di mantenimento, si è visto così ritirare il passaporto e persino la carta d’identità valida per l’espatrio.
Egli dapprima si rivolse al giudice tutelare, il quale respinse la sua richiesta ritenendo non opportuno rilasciargli il passaporto con l’annotazione del figlio (eravamo ancora nel periodo anteriore alla modifica normativa che impone oggi che anche il minore abbia il suo passaporto o documenti d’identità per l’espatrio) tenuto conto che era fondamentale proteggere il diritto dei figli a ricevere l’assegno alimentare (a tale proposito, il giudice tutelare sottolineò che il ricorrente, pur essendo tenuto a versare un assegno alimentare di 600 euro, versava soltanto un piccola quota (somme comprese tra i 45 e i 90 euro) e che vi era da temere che in caso di trasferimento all’estero egli si sottraesse completamente al suo obbligo).
Successivamente il questore ordinò al ricorrente di depositare il suo passaporto al commissariato e invalidò la sua carta di identità valida per l’espatrio. Egli si rivolse quindi nuovamente al giudice tutelare, ma anche stavolta la sua richiesta fu respinta.
Il ricorrente impugnò tale decisione del giudice tutelare dinanzi al Tribunale di Napoli, ma le sue impugnazioni furono respinte.
Il Tribunale notò innanzitutto che la decisione del giudice tutelare era basata sulla legge del 21 novembre 1967 (n. 1185) come modificata dalla legge n. 3 del 2003 (legge in materia di rilascio dei passaporti).
Il tribunale rilevò che il ricorrente non rispettava l’obbligo a lui imposto a titolo di assegno alimentare e che questa ipotesi costituiva uno dei motivi legali del diniego di rilascio del passaporto nell’interesse dei figli, secondo l’articolo 12 della legge sui passaporti.
Il ricorrente si rivolse quindi alla Corte di Strasburgo, lamentando la violazione dell’art 2 del protocollo n. 4 Cedu, assumendo che aveva subito una violazione della sua vita privata e della sua libertà di circolazione.
Tale articolo com’è noto dispone che
“1. Chiunque si trovi regolarmente sul territorio di uno Stato ha il diritto di circolarvi liberamente e di fissarvi liberamente la sua residenza.
2. Ognuno è libero di lasciare qualsiasi Paese, compreso il proprio.
3. L’esercizio di tali diritti non può essere oggetto di restrizioni diverse da quelle che sono previste dalla legge e che costituiscono, in una società democratica, misure necessarie alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al mantenimento dell’ordine pubblico, alla prevenzione delle infrazioni penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libertà altrui.
4. I diritti riconosciuti al paragrafo 1 possono anche, in alcune zone determinate, essere oggetto di restrizioni previste dalla legge e giustificate dall’interesse pubblico in una società democratica”.
La Corte di Strasburgo si è quindi trovata a comporre due diritti di pari rilevanza : quello del cittadino alla libera circolazione e quello dei figli alla garanzia del mantenimento.
Il Governo italiano nel difendersi ha evidenziato che l’articolo 16 della Costituzione prevede che la libertà del cittadino di uscire dal territorio della Repubblica è subordinata all’osservanza degli obblighi previsti dalla legge, e che nella specie la legge n. 1185 del 1967, è finalizzata a proteggere i figli: si tratta di assicurare che il ricorrente paghi l’assegno alimentare e di prevenire la commissione di un delitto. Secondo il punto di vista del Governo, tale ingerenza risponderebbe al criterio della «necessità in una società democratica», specialmente alla luce della giurisprudenza della Corte in materia di debiti non pagati (principi già affermati con la sentenza della Corte costituzionale n° 464 del 1997).
La Corte di Strasburgo ha quindi deciso il caso con la sentenza del 2.12.2014. L’importanza di questa pronunzia deriva dal fatto che si trattava di una questione nuova, posto che in precedenza la Corte non aveva ancora avuto l’occasione di esaminare le misure che limitano la libertà di lasciare un paese in ragione dell’esistenza di debiti nei confronti di terzi aventi una particolare importanza, quali le obbligazioni alimentari.


Carmelo barreca
Silvio Motta

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