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Appalti pubblici: il contratto di avvalimento. Il Consiglio di Stato ne restringe l'applicazione: deve essere concreto e specifico

L’avvalimento come è noto è un istituto di origine comunitaria che aveva già trovato applicazione in Italia e che è stato poi codificato dagli articoli 49 e segg del codice dei contratti pubblici.
Esso viene utilizzato quando un concorrente non dispone di alcuni requisiti, necessari per la partecipazione alle gare d’appalto.
La possibilità di dimostrare la titolarità dei requisiti previsti dal bando in modo indiretto, ovvero avvalendosi dei requisiti posseduti da altri, è stata affermata per la prima volta dalla sentenza della Corte di giustizia del 14 aprile 1994, causa C-389/92, ma la concreta affermazione in via generale di tale principio può probabilmente farsi risalire ad una storica sentenza del 2 dicembre 1999 (causa C-176/98), con cui la Corte di Giustizia si spinse ad affermare, con riferimento specifico ad un appalto di servizi, il principio generale, secondo cui è possibile che un operatore economico, privo dei requisiti economici o tecnici richiesti dal bando, partecipi alla gara avvalendosi dei requisiti di soggetti terzi, indipendentemente dalla natura giuridica del legame con tali soggetti.
Tali principi furono poi codificati, recepiti e formalizzati dal legislatore comunitario negli articoli 47 e 48 della direttiva n. 2004/18/CE, che riconoscono all’operatore economico il diritto di fare affidamento sulle capacità economico-finanziarie e tecnico-organizzative di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi, a condizione che dimostri all’amministrazione aggiudicatrice che disporrà delle risorse o dei mezzi necessari per eseguire il contratto.
La direttiva 2004/18/CE è stata più volte ritenuta “self executing” dai giudici nazionali, sicché il principio dell’avvalimento è stato frequentemente applicato in Italia anche prima della codificazione operata con il codice degli appalti.
Trattasi di un istituto che ha avuto grandissima diffusione, consentendo a tantissime imprese di partecipare, avvalendosi dei requisiti dell’impresa ausiliaria, ad appalti spesso sovra dimensionati rispetto ai requisiti posseduti dalle imprese.
In realtà, strumentalizzando e forzando un po’ la natura dell’istituto, si è però spesso utilizzato l’avvalimento più in funzione di “garanzia” che in funzione “operativa”.
Il legislatore è quindi intervenuto col Regolamento esecuzione dei contratti pubblici 207/10, prevedendo all’art 88 che
1. Per la qualificazione in gara, il contratto di cui all’articolo 49, comma 2, lettera f), del codice deve riportare in modo compiuto, esplicito ed esauriente:
a) oggetto: le risorse e i mezzi prestati in modo determinato e specifico;
b) durata;
c) ogni altro utile elemento ai fini dell’avvalimento.
Basti notare il diffuso utilizzo di vari “rafforzativi” quali “compiuto, esplicito ed esauriente”, riferiti all’oggetto del contratto di avvalimento, specificando altresì che devono essere indicati in modo “determinato e specifico” le risorse ed i mezzi prestati.
Ben 5 aggettivi in una frase di poche righe, stanno chiaramente a significare la precisa volontà del legislatore di porre un freno all’abuso dell’avvalimento.
In coerenza con tali disposizioni, la giurisprudenza sta cercando di mettere un freno all’uso (rectius all’abuso) dell’avvalimento, imponendo requisiti sempre più stringenti e concreti al contratto di avvalimento medesimo.
Una recente sentenza del Consiglio di Stato (la numero 4595 dello scorso 10.9.2014) ha infatti ribadito tale più restrittivo orientamento, specificando che l’ormai consolidata giurisprudenza ha avuto modo di precisare che l’esigenza di una puntuale individuazione dell’oggetto del contratto di avvalimento, oltre ad avere un sicuro ancoraggio sul terreno civilistico nella generale previsione codicistica che configura quale causa di nullità di ogni contratto l’indeterminatezza (ed indeterminabilità) giust’appunto del relativo oggetto, trova la propria essenziale giustificazione funzionale, inscindibilmente connessa alle procedure contrattuali del settore pubblico, nella necessità di non permettere - fin troppo - agevoli aggiramenti del sistema dei requisiti d’ingresso alle gare pubbliche (requisiti pur solennemente prescritti e, di solito, attentamente verificati nei confronti dei concorrenti che se ne dichiarino titolari in proprio).

Carmelo Barreca
Silvio Motta

Al bando dal testo dei contratti le espressioni “tautologiche” e indeterminate

Il Consiglio di Stato mostra quindi di censurare e ritenere invalida la frequente pratica della mera riproduzione nel testo dei contratti di avvalimento della formula legislativa della “messa a disposizione delle risorse necessarie di cui è carente il concorrente” (o espressioni similari ), evidenziando che trattasi di un’espressione meramente tautologica - e quindi come tale indeterminata per definizione - che non consente alla stazione appaltante di svolgere concrete ed imprescindibili attività valutative in ordine all'effettività della messa a disposizione dei requisiti oggetto di avvalimento.

Necessità di concretezza e operatività pena l’esclusione dalla gara pubblica

Sulla base di tali premesse il Consiglio di Stato nel caso sottoposto al suo esame ha esaminato in dettaglio il contratto di avvalimento che è stato prodotto in gara, ritenendo che non abbia rispettato tali requisiti essenziali di determinatezza e specificità, prescritti dalla richiamata normativa e richiamati dagli anzidetti principi giurisprudenziali, osservando che con tale impegno contrattuale, lungi da riportare in modo compiuto ed esplicito le risorse ed i mezzi in concreto prestati, l’ausiliaria assume l’impegno assolutamente generico di mettere a disposizione in caso di aggiudicazione le risorse di cui l’impresa è carente.
Viene quindi contestato che il contratto in questione si sostanzia oggettivamente nella mera e pedissequa riproduzione dei requisiti indicati in maniera necessariamente generale ed astratta nel disciplinare di gara, mancando un’analitica e specifica elencazione o indicazione delle risorse e dei mezzi in concreto prestati.
Come si vede, alla luce di questo orientamento le imprese devono stare molto attente nell’utilizzo dell’avvalimento, e devono avere molta cura nel predisporre e stipulare contratti di avvalimento che contengano - e consentano chiaramente di percepire all’esterno - che non sono simulacri di prestazioni di “garanzie”, ma veri e propri contratti di messa a disposizione, in concreto e con un taglio operativo, dei requisiti di cui il concorrente è carente.
Altrimenti, il rischio è di venire frequentemente esclusi dalle gare pubbliche per invalidità del contratto di avvalimento.
Quindi la spinta al favor verso l’avvalimento, sempre più diffuso ed utilizzato, viene ad essere mitigata dalla necessità di concretezza ed operatività.
Per far comprendere quanto complessa sia tale tematica, basta richiamare una recente massima del Consiglio di stato ove si afferma ad esempio che “Nelle gare pubbliche la certificazione di qualità rientra tra i requisiti soggettivi di carattere tecnico-organizzativo che in astratto può essere oggetto di avvalimento, pur essendo in concreto difficile, se non impossibile, dimostrare l’effettiva disponibilità di un requisito che, per le sue caratteristiche, è collegato all’intera organizzazione dell’impresa, alle sue procedure interne, al bagaglio delle conoscenze utilizzate nello svolgimento delle attività” (Sentenza Cds Sez. III 885 del 2014).
Quindi il Consiglio di Stato d’un canto allarga le maglie all’utilizzo dell’avvalimento anche ad un requisito quale ad esempio la certificazione di qualità, che in passato si riteneva totalmente esclusa dall’ambito di ciò che poteva formare oggetto di avvalimento, ma lascia intendere che sarà ben difficile porre in essere un valido contratto di avvalimento in tal senso, dovendo in ipotesi l’impresa ausiliaria fornire veri e propri “pezzi” operativi della propria organizzazione aziendale.
Il suggerimento alle imprese è quindi di maneggiare con cura l’istituto dell’avvalimento, poiché la sensibilità dei giudici amministrativi è mutata e se anche l’istituto risulta formalmente applicabile in tantissime ipotesi, bisogna stare molto attenti ad utilizzare avvalimenti “operativi” e non di mera “garanzia” come frequentemente avvenuto in passato.

Carmelo Barreca
Silvio Motta

Verso il tramonto. Non basta più il c.d. Avvalimento “di garanzia”

Si avvia verso il tramonto quindi l’uso strumentale del mero c.d. avvalimento “di garanzia”, con il quale l'impresa ausiliaria mette la propria solidità economica e finanziaria al servizio dell'aggiudicataria ausiliata, ribadendosi sempre più che anche tale forma di avvalimento non può rimanere astratta , cioè svincolata da qualsivoglia collegamento con risorse materiali o immateriali, che snaturerebbe l'istituto, in elusione dei requisiti stabiliti nel bando di gara, esibiti solo in modo formale, finendo col frustare anche la funzione di garanzia ma, proprio in ragione della sua peculiare funzione di estensione della base patrimoniale della responsabilità da esecuzione dell'appalto, può spiegare la sua funzione di assicurare alla stazione appaltante un partner commerciale con solidità patrimoniale proporzionata ai rischi di inadempimento contrattuale, solo se rende palese la concreta disponibilità attuale di risorse e dotazioni aziendali di cui si dà mandato all'ausiliata di avvalersi.

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