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La responsabilità del legale rappresentante della società per azioni, ecco le novità

PALERMO - Il recupero dei crediti vantati nei confronti delle società di capitali o a responsabilità limitata costituisce, da sempre, una questione spinosa, vero collo di bottiglia dell'intero sistema economico italiano. La percentuale statisticamente rilevante del sistema imprenditoriale è notoriamente formato dalle piccole e medie imprese. Fra queste, la struttura societaria preferenziale è quella della società a responsabilità limitata.
Si tratta di strutture dotate di formalità di costituzione e gestione relativamente semplici e, pertanto, estremamente diffuse sul territorio. Le s.r.l., come tutti gli imprenditori, possono essere ben solide e credibili o, d'altro canto, estremamente volatili ed impalpabili. Il dato è ben noto fra gli operatori del mercato chiamati, a qualsiasi titolo, a dare fiducia a tali soggetti: il rischio evidente è, infatti, che la società imploda lasciando una scia rilevante di debiti che, per espressa scelta del legislatore, non possono essere vantati né nei confronti dei soci né, tanto meno, degli amministratori. Per tali ragioni è frequente nel mercato l’adozione di strumenti di tutela imposti dai contraddittori “forti” (primi fra tutti: le banche), che trovano sempre il modo di farsi dare idonee garanzie, che vincolino non solo la società ma anche gli amministratori e/o i soci a tutela del credito (fideiussioni, ipoteche, garanzie a prima richiesta, sono diventati strumenti ben diffusi nel mercato).
Sotto altro profilo, i lavoratori godono generalmente di ammortizzatori sociali tali da limitare il rischio di perdere almeno parte degli stipendi ed il trattamento di fine rapporto.
Diversamente i creditori “normali” della società contrattano con quest'ultima nella sostanziale consapevolezza (dai più non realmente percepita fino al momento in cui è troppo tardi) di correre il rischio dell'incapienza della società e, dunque, di portare in perdita il proprio credito. Il dato non è indifferente al mercato ed alla fine dei conti risulta ben dannoso per le stesse società; non sono pochi infatti i soggetti che, pur di evitare il rischio di insoluto (o, perfino, di affrontare una fase giudiziale di durata, purtroppo, indefinita), preferiscono rifiutare di contrattare con le società.
D'altro canto, la disciplina appare allo stato semplicemente premiale per gli amministratori (e soci) senza scrupoli che, dietro lo schermo societario, possono condurre operazioni a rischio zero per il proprio patrimonio personale.
Di recente tuttavia, con netta inversione di tendenza, la Cassazione ha affrontato tali tematiche con la sentenza numero 8458/2014, con cui si è affermata, pur a fronte dell'autonomia negoziale della società, la responsabilità personale del legale rappresentante il quale si sia reso responsabile di una operazione di sostanziale svuotamento delle attività sociali a mezzo di una operazione di cessione gratuita delle stesse a favore di altra società (amministrata dagli stessi soggetti e con composizione societaria uguale).
La Corte Suprema ha ritenuto che il comportamento descritto comporti un danno ingiusto per il creditore, risarcibile in quanto conseguenza diretta di atti dolosi o colposi compiuti dall'organo di amministrazione. Si tratta di un rilevante passo avanti (invero annunziato da altre pronunzie della Corte Suprema di segno analogo), verso un sistema che, pur mantenendo l’autonomia giuridica e patrimoniale della società a responsabilità limitata, tuteli i terzi dagli abusi.
Ancora una volta, prevale e va sempre più diffondendosi il principio del cd. legittimo affidamento, che i terzi creditori debbono poter riporre nell’operato di un amministratore di una srl, che comporta anche l’affermazione di principi di buona fede nelle trattative e nell’esecuzione di un contratto, e nell’adozione di reciproci obblighi di protezione. Anche questa pronunzia rappresenta quindi un segnale incoraggiante per la tutela del mercato e la ripresa dell’economia.

Carmelo Barreca
Silvio Motta

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