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Contratti pubblici, novità costo lavoro

Una recentissima sentenza del TAR Palermo (la n° 1882 depositata il 16.7.2014) ha fatto un pò di chiarezza nel settore delle giustificazioni delle offerte a seguito di verifica d’anomalia nel settore degli appalti pubblici.
La sentenza ha chiarito che le imprese possono giustificare in sede di verifica d’anomalia anche il costo del lavoro, dimostrando in concreto che il costo effettivamente sopportato è ad esempio inferiore rispetto a quello stimato dalla stazione appaltante ed inserito nel bando di gara, anche se ritenuto insopprimibile e non ribassabile.
Il dubbio interpretativo nel caso esaminato dal TAR scaturiva dalla previsione contenuta nel bando di gara, che non consentiva la ribassabilità del costo della manodopera come quantificato dalla stazione appaltante, in attuazione dell’art. 82, comma 3 bis del Codice dei Contratti pubblici.
Tale disposizione, com’è noto è stata introdotta dalla legge n. 98/2013, di conversione del D.L. n. 69/2013, e stabilisce, con riferimento alla valutazione dell’offerta secondo il criterio del prezzo più basso, che la migliore offerta è determinata al netto delle spese relative al costo del personale.
La norma impone anche che tale costo sia valutato sulla base di parametri predefiniti, dati dai minimi salariali della contrattazione collettiva nazionale, dalle voci retributive previste dalla contrattazione integrative di secondo livello e dalle imposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.
Questa previsione normativa è, salvo lievi differenze, analoga a quella già contenuta nell’art. 81, comma 3 bis del Codice dei contratti, introdotto dalla Legge n. 106/2011, di conversione del D.L. n. 70/2011, ed abrogato poco dopo dal D.L. n. 201/2011.
Già in costanza di vigenza dell’art. 81, comma 3 bis del Codice dei Contratti (oggi come detto abrogato) erano emerse due possibili interpretazioni della norma, costruite sulla base di iter argomentativi sostanzialmente applicabili anche al nuovo art. 82, comma 3 bis, oggetto della valutazione del TAR.
Secondo la prima delle possibili interpretazioni, quando la stazione appaltante provvede ad indicare ex ante nel bando di gara l’importo del costo del lavoro, lo stesso non potrebbe essere in alcun modo oggetto di ribasso, neppure attraverso la presentazione di giustificazioni.
Secondo altra possibile interpretazione invece, la stazione appaltante sarebbe comunque onerata di accertare la congruità dell’offerta presentata sulla base della verifica della compatibilità delle scelte organizzative e produttive effettuate dal concorrente con la normativa concernente i minimi salariali contrattuali della manodopera (così si era espresso già in precedenza il T.A.R. Toscana con la sentenza della I Sez. n. 133 del 28.1.2013).
Il TAR Palermo ha correttamente ritenuto che solo la seconda interpretazione possa trovare legittima applicazione e sia corretta, in quanto l’esclusione automatica dell’offerente a causa di uno scostamento dal costo della manodopera predeterminato e inteso come non ribassabile risulterebbe contraria al diritto comunitario.
Infatti, l’art. 55 della direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004 prevede in maniera esplicita che le imprese devono poter giustificare l’ammontare della propria offerta anche in relazione agli oneri nascenti dal rispetto delle “disposizioni relative alla protezione e alle condizioni di lavoro vigenti nel luogo in cui deve essere effettuata la prestazione”.
Una diversa valutazione arrecherebbe un vulnus alla tutela della concorrenza, in quanto la predeterminazione non ribassabile nella lex specialis del costo della manodopera non può tenere in adeguata considerazione né la diversa capacità organizzativa di ogni partecipante, che incide sull’entità del costo complessivo della manodopera, né la possibile disomogeneità, a seconda delle caratteristiche e della specificità dell’impresa, delle norme inderogabili da applicare ai fini dell’individuazione dei salari minimi, con possibili conseguenze anche sull’individuazione del costo unitario del lavoro.
Tale corretta interpretazione peraltro, risulta coerente, in un’ottica di lettura sistematica delle norme del Codice dei contratti, con la previsione di cui all’art. 86, comma 3 bis, in base al quale in sede di verifica dell’anomalia gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro, col limite ex art. 87 dell’inammissibilità di giustificazioni in relazione a trattamenti salariali minimi; norme che risulterebbero svuotate di contenuto qualora non si consentisse all’offerente, a seguito della predeterminazione di tale voce di costo nel bando, la presentazione di giustificazioni di alcun tipo.
Tale pronuncia del TAR, ha peraltro condiviso le perplessità su tale norma già rilevate dall’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici, con l’Atto di segnalazione n. 2 del 19 marzo 2014, che aveva contestato il reinserimento di una previsione che sembrava impedire qualunque giustificazione dell’offerta ritenuta anomala sol perché inferiore al costo del lavoro unilateralmente stimato dalla stazione appaltante.
Resta quindi confermato, anche alla luce della nuova Direttiva Appalti 2014/24/UE, che il vigente articolo 82, comma 3 bis del Codice dei contratti si pone in contrasto col diritto comunitario, e quindi va disapplicato in ossequio al principio della rilevanza e preminenza e dell’efficacia diretta delle norme comunitarie nel nostro ordinamento, ove interpretato nel senso di non consentire in sede di gara la presentazione di ribassi oggetto di valutazione in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta, che incidano sul costo del lavoro così come stimato dalla stazione appaltante.
Ciò premesso, è evidente che poi l’impresa che intende formulare un'offerta che contiene un costo del lavoro inferiore a quello stimato dalla stazione appaltante, dovrà comunque poi dimostrare in concreto la congruità della propria offerta, supportando con adeguata documentazione il proprio minor costo della forza lavoro.
Trattasi di una tematica molto rilevante soprattutto negli appalti di servizi di pulizia, ove la preponderante incidenza del costo del lavoro determina spesso le sorti dell’aggiudicazione e che trova frequente applicazione in Sicilia, com’è comprovato dalla gran quantità di contenziosi che riguardano proprio le verifiche d'anomalia.


Direttiva Ue Appalti n. 24/2014: rispettare obblighi
di diritto ambientale, sociale e del lavoro

Va infine osservato, a conferma, che la recente Direttiva Appalti 2014/24/UE (anche se non ancora entrata in vigore), chiarisce espressamente che l’impresa può giustificare qualsiasi elemento dell’offerta, ivi compreso il costo del lavoro. Ciò, si evince dall’articolo 69 che, nel regolamentare il procedimento di verifica dell’anomalia a livello comunitario, stabilisce che “1. le amministrazioni aggiudicatrici impongono agli operatori economici di fornire spiegazioni sul prezzo o sui costi proposti nelle offerte se queste appaiono anormalmente basse rispetto a lavori, forniture o servizi. La norma comunitaria precisa poi che le spiegazioni di cui al paragrafo 1 possono, in particolare, riferirsi anche in relazione “ al rispetto degli obblighi di cui all’articolo 18, paragrafo 2”.=
Tale articolo 18 da parte sua, prevede che “gli Stati membri adottano misure adeguate per garantire che gli operatori economici, nell’esecuzione di appalti pubblici, rispettino gli obblighi applicabili in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dal diritto dell’Unione, dal diritto nazionale, da contratti collettivi o dalle disposizioni internazionali in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro elencate nell’allegato X.”

Carmelo Barreca
Silvio Motta

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