top-content-generico.jpg

Giustizia amministrativa, dove và?

È di questi giorni la notizia che il Governo avrebbe intenzione di sopprimere tutte le sezioni distaccate dei Tribunali amministrativi regionali, sicché secondo le previsioni dal 1° ottobre 2014 dovrebbe venir soppresso anche il Tar Catania, che sarebbe accorpato al Tar Palermo.
Tale previsione desta più d’una perplessità, sotto vari profili, non ultimo quello relativo all’intero funzionamento della giustizia amministrativa, soprattutto nel delicato settore degli appalti pubblici che – come i recenti casi ci insegnano – richiede massima attenzione e sorveglianza a tutti i livelli.
Sentenze
Corte Costituzionale
n. 174/2014 e n. 159/2014

Nel ragionamento che segue giova premettere alcune considerazioni sulla recentissima sentenza della Corte Costituzionale del 13 giugno 2014 n. 174, che guarda caso veniva pubblicata lo stesso giorno in cui veniva diffuso il comunicato stampa contenente le notizie sulla soppressione del Tar Catania.
Trattasi peraltro di una delle prime sentenze scritte dal Relatore Giuliano Amato, che mostra di aver mantenuto – pur se distolto per lunghi anni da rilevanti impegni politici – una solida preparazione giuridica. Questa sentenza è molto importante, perché si innesta nella tematica oggetto di dibattito, ribadendo alcuni principi fondamentali in materia di decentramento della giustizia amministrativa, che stridono fortemente con l’operato del Governo.
Procediamo con ordine. Era giunta dinanzi alla Consulta la questione di legittimità costituzionale dell’art. 135, comma 1, lettera q-quater), del d.lgs. n. 104 del 2010, laddove attribuiva in via esclusiva alla competenza funzionale inderogabile del Tar Lazio (in deroga ai normali criteri di ripartizione di competenza territoriale), la materia delle impugnazioni dei provvedimenti emessi dall’autorità di polizia relativi al rilascio di autorizzazioni in materia di giochi pubblici con vincita in denaro.
Per come si legge nella sentenza, “ad avviso dei giudici rimettenti, tale devoluzione delle controversie in esame alla cognizione del Tar del Lazio, sede di Roma, in quanto derogatoria rispetto agli ordinari criteri di riparto della competenza ? fondati sull’efficacia territoriale dell’atto e sulla sede dell’autorità emanante ? determinerebbe la violazione del principio di ragionevolezza, di cui all’art. 3 Cost., e del principio di decentramento della giustizia amministrativa, di cui all’art. 125 Cost.”
La Corte Costituzionale ha innanzitutto rilevato che nella scala dei valori costituzionali, in siffatta materia “mentre la verifica della compatibilità con il principio dell’art. 3 Cost. di una norma processuale derogatoria comporta la valutazione della sua non manifesta irragionevolezza ? con riferimento all’art. 125 Cost., le deroghe alla ripartizione ordinaria della competenza territoriale devono essere valutate secondo un «criterio rigoroso, essendo di tutta evidenza che ? laddove la previsione di ipotesi di competenza funzionale inderogabile del TAR Lazio, sede di Roma, non incontrasse alcun limite ? il principio del decentramento della giustizia amministrativa e dell’individuazione del giudice di primo grado sulla base del criterio territoriale, a livello regionale, sarebbe esposto al rischio di essere svuotato di concreto significato”.
La Consulta ha quindi precisato (richiamando altra sentenza n° 159 del 2014) che tale criterio rigoroso comporta quindi la necessità di accertare che ogni deroga al suddetto principio sia disposta in vista di uno scopo legittimo, giustificato da un idoneo interesse pubblico e che la medesima deroga sia contraddistinta da una connessione razionale rispetto al fine perseguito; e che, infine, essa risulti necessaria rispetto allo scopo, in modo da non imporre un irragionevole stravolgimento degli ordinari criteri di riparto della competenza in materia di giustizia amministrativa.
La Corte Costituzionale ha quindi ribadito la centralità e rilevanza del principio del decentramento e dell’articolazione territoriale della giustizia amministrativa contenuto all’art. 125 Cost., evidenziando che l’accentramento di competenza operato dalla norma impugnata non appare giustificato, neppure in ragione delle altre finalità, parimenti dotate di rilievo costituzionale, che sono state in passato individuate nella «straordinarietà delle situazioni di emergenza (e nella eccezionalità dei poteri occorrenti per farvi fronte)» (sentenza n. 237 del 2007).
Sulla base di tali autorevoli e condivisibili premesse, va osservato che il principio del decentramento della giustizia amministrativa va esaminato non già in astratto, ma bensì in concreto ed in sostanza, in conformità del resto con l’approccio sostanzialistico con cui la Corte di Strasburgo esamina le norme con cui gli Stati erogano il servizio giustizia ai cittadini, alla luce dei parametri sul giusto processo (art. 6 CEDU) e diritto ad un ricorso effettivo (art 13 CEDU).
Orbene, va a questo punto rilevato che il Tar Catania gestisce il contenzioso di ben 4 provincie (future aggregazioni di comuni), con ben 4 Sezioni e con un volume di contenzioso superiore allo stesso Tar Sicilia di Palermo.
Si tratta per intenderci, del terzo Tar in ordine d’importanza per volume d’affari operante in Italia.
La dislocazione territoriale dei due Tar in Sicilia (certamente molto più di quanto accade in altre regioni) è quindi fondamentale – vista anche la distanza e le dimensioni del contenzioso - per garantire l’effettività del decentramento della giustizia amministrativa.

Carmelo Barreca
Silvio Motta


Il Presidente della Repubblica intervenga
per impedire la decretazione d’urgenza in questa materia

Sembrano plurime le censure che potrebbero muoversi all’emanando Decreto Legge. Proviamo a riassumerle.
Innanzitutto non pare che la materia del riordino della giustizia amministrativa possa essere inserita in un decreto legge, non sussistendovi le condizioni di urgenza che impediscono che- semmai- di questa tematica debba occuparsi il legislatore con legge ordinaria.
E’ auspicabile sotto questo aspetto che il Presidente della Repubblica intervenga con i poteri che gli sono propri, impedendo che per l’ennesima volta si faccia uso – improprio – dei poteri della decretazione del Governo.
D’altra parte l’esperienza ci insegna che il controllo parlamentare troppo spesso non è in grado di incidere sul contenuto dei provvedimenti, poiché la vastità dei contenuti di questi decreti legge “omnibus” e la mole degli emendamenti correttivi non risultano mai compatibili con il rispetto dei tempi per la conversione in legge, sicchè molto (troppo) spesso il governo per non far decadere i decreti e per rispettare gli stringenti termini per la conversione in legge è costretto a “blindare” i testi richiedendo di apporre la fiducia sul testo integrale del D.L. In questo modo purtroppo, a fronte del devastante effetto della caduta del Governo che altrimenti si verificherebbe, si preferisce far passare e tramutare in legge il D.L., sottraendolo in tal modo al doveroso e costruttivo confronto parlamentare. Sicchè, non pare costituzionalmente corretto che una modifica così rilevante dell’assetto della giustizia amministrativa venga stabilita utilizzando le forme della decretazione d’urgenza.

Carmelo Barreca
Silvio Motta


Collegamento PA-CT: 4 ore di treno o 2 di macchina
Vittime di abusi disincentivati dal promuovere ricorso

Per un secondo aspetto, anche sotto il profilo organizzativo e del contenimento della spesa il provvedimento – in Sicilia – non pare coerente con l’intento di razionalizzazione della spesa pubblica.
Innanzitutto le dimensioni del Tar Catania rendono evidente che è impensabile che gli uffici possano trovare collocazione all’interno del Tar Palermo, non essendovi lo spazio fisico né per i magistrati né per il personale né per i fascicoli (anche se sotto tale aspetto il “digitale” è in itinere, il volume cartaceo dell’arretrato da smaltire è rilevantissimo).
Si dovrebbe quindi pensare ad individuare una nuova sede per il Tar Sicilia, ovvero un doppione di sede per contenere gli uffici del Tar Catania trasferito a Palermo.
Non si comprende quindi dove sia il “risparmio”, ove si consideri peraltro che il solo costo dei locali è notoriamente superiore nel capoluogo di provincia .
Altrettanto insopprimibile è il personale, ove si consideri che esso è già sottodimensionato rispetto al volume del contenzioso, sicché non si comprende – ripetiamo nel caso Sicilia – dove si pensi di individuare quelle sinergie che debbono guidare ogni corretto provvedimento di accorpamento finalizzato a dare attuazione ai principi di contenimento della spesa pubblica.
Anche per tale aspetto il provvedimento sembra del tutto privo di ragionevolezza (art 3 Cost.) ed in contrasto con il principio di efficienza e buon andamento (art. 97 Cost.).
Ma veniamo infine all’argomento più importante, che è quello che riguarda l’impatto di tale accentramento sulla domanda – sempre crescente – di giustizia amministrativa del cittadino.
La tutela giurisdizionale approntata dai Tar deve rispettare i principi fondamentali del decentramento della giustizia amministrativa, come chiarito dalla Corte Costituzionale, e non deve essere ingiustificatamente aggravata quanto a costi e modalità di accesso.
Sotto tale profilo, è evidente che per i cittadini della Sicilia Orientale la perdita del Tar Catania comporterebbe un significativo aumento dei costi di accesso alla giustizia, poiché aumenteranno le spese di trasferta (non tutti i legali infatti sono disposti ad alzarsi alle 5,00 di mattina per giungere in tempo al Tar Palermo, col rischio peraltro che qualsiasi inconveniente possa far saltare – ad esempio – la discussione di una sospensiva), quindi per molti sarà necessario il pernottamento, ed i maggiori costi ed il tempo di spostamento e rientro saranno inevitabilmente caricati sulle parcelle e quindi ricadranno sui cittadini). Oppure in alternativa, sempre con maggiori costi, i legali della Sicilia orientale più “lontani” dovranno dotarsi di corrispondenti domiciliatari.
Insomma, pare evidente che sarà impossibile sottrarsi a vari disagi ed aggravi di costi, che ridurranno ulteriormente e disincentiveranno l’accesso alla giustizia da parte dei cittadini.
Tali aspetti non sono privi di conseguenza sotto il profilo del rispetto delle norme della Cedu, poiché una marcata disparità di trattamento in materia di accesso alla giustizia per mancata attuazione dei principi di decentramento (che non necessariamente deve avvenire su base regionale, ma semmai anche per bacini di utenza) potrebbe come detto far ritenere la sussistenza di violazioni dell’art 6 e 13 della Cedu.
Un ultima considerazione va infine fatta in relazione al delicato tema degli appalti pubblici, poiché è certamente contraddittorio osservare che d’un canto si potenziano le attività di controllo (e la recente istituzione dell’Autorità anticorruzione ne è la dimostrazione), mentre sul fronte del controllo giurisdizionale invece si arretra, mantenendo una tassa di deposito (contributo unificato) che disincentiva le ditte maltrattate o vittime di abusi e favoritismi (spesso frutto di corruttela) dal proporre ricorso, ed oggi si propone addirittura la soppressione di Tar territoriali la cui vicinanza a rilevanti bacini di utenza favoriva e riduceva i costo di accesso al contenzioso.
Sicché, a meno che non si pensi che la corruzione possa diffondersi solo nelle grandi opere, pare evidente che la disincentivazione delle piccole e medie imprese in ordine all’accesso alla giustizia amministrativa (e ciò vale purtroppo in special modo in Sicilia), comporta un complessivo arretramento del sistema dei controlli in materia di appalti, con tutte le inevitabili conseguenze.
In conclusione, a prescindere da ulteriori considerazioni giuridiche, si deve certamente affermare che la spending review in materia di giustizia amministrativa vada affrontata seriamente, ma con provvedimenti concreti e calibrati, che non possono prescindere da un preventivo studio sulla fattibilità e convenienza degli interventi.
Se un simile studio fosse stato effettuato dal Governo, si sarebbe certamente compreso che sopprimere il Tar Catania è non solo (probabilmente) costituzionalmente illegittimo, ma in ogni caso non conviene neppure economicamente, sicché l’unico risultato sarebbe quello di operare una riduzione del servizio di erogazione della giustizia amministrativa sul territorio siciliano.

Carmelo Barreca
Silvio Motta

Reperibile su: https://twitter.com/silviomottabsm/status/486071653823434752?lang=it

Contatti

Via: V. Giuffrida, 37
95128 Catania, Sicily - Italy

Tel: +39 095 50 32 63 (Barreca / Motta)

Tel: +39 095 50 77 35 (Scuderi)

Email: info@bsmstudiolegale.it